L'alcol: una dipendenza sottovalutata, ma letale

Rispetto alla cannabis è 114 volte più pericoloso

di Giorgia Argiolas, Angela Briguglio, Michela Cattaneo Giussani

Fa parte della categoria farmacologica dei depressori ed è attivo su tutte le parti dell'organismo. È una sostanza psicoattiva che deriva da processi di fermentazione o distillazione. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) lo riconosce come droga perché è in grado di creare dipendenza e assuefazione. Ma, a differenza di altre sostanze, è legale. È l’alcol.

Il consumo "nocivo" di questa sostanza, oltre a poter causare dipendenza, aumenta il rischio di sviluppare più di 200 malattie, tra cui la cirrosi epatica, disturbi cardiovascolari e alcuni tipi di cancro, nonché malattie infettive, come la tubercolosi o la polmonite. Favorisce comportamenti violenti e causa numerosi incidenti stradali.

Sono tre milioni e 285mila le morti causate dall'alcol nel mondo

Le morti direttamente attribuibili all'alcol sono circa tre milioni e 285mila nel mondo. Con una differenza di genere: due milioni e 255mila uomini, a fronte di un milione e 31mila donne. A dirlo sono i dati dell'Oms, relativi al 2012 e contenuti nel Global status report on alcohol and health 2014. Il rapporto analizza i dati e le politiche di intervento a livello nazionale in 194 Paesi.

Dal documento emergono importanti differenze tra le regioni, ma anche tra popolazione maschile e femminile. Il rapporto rivela, infatti, che nel 2012, la percentuale di decessi causati dall'alcol era pari al 7,6% per gli uomini e al 4,4% tra le donne, in aumento.

La percentuale della prevalenza di astensione risulta molto alta nelle regioni del Nord-Africa e dell'Asia del sud-est e molto ridotta nell'Europa nord-occidentale e in Australia.

Secondo la suddivisione geografica dell'Oms, i Paesi con il maggior numero di decessi direttamente attribuibili all’alcol 

si trovano in Europa

In Bielorussia il 34,7% delle morti è direttamente correlato al consumo "nocivo" di alcol. Seguono l'Ucraina con il 34,4% e la Moldavia con il 33,1%. A distanza di qualche punto percentuale, si posizionano la Lituania con il 30,9% e la Russia con il 30,5%. Tasso elevato anche per la Lettonia (24,4%) e l’Estonia (21,4%).

L’Africa presenta tassi di mortalità per alcol tendenzialmente bassi. La Libia registra lo 0,3% dei decessi legati alla sostanza, proprio come il Niger e la Somalia. Seguono la Mauritania e l’Eritrea con lo 0,6%, mentre l’Algeria si ferma allo 0,9%. Il Senegal e la Guinea, su cento decessi, ne contano uno legato all’alcol. La Tunisia, con l’1,7%, è il Paese africano che più si avvicina alla situazione italiana (1,6%).

Nel continente americano, invece, la nazione con il più alto tasso di mortalità per alcol è il Venezuela con il 10,8%. Seguono Messico e Belize con il 6,8%, Perù (6,6%), Brasile (6,4%) e Cile (6,3%). Infine, Ecuador e Argentina (5%), Canada (3,4%) e Stati Uniti (3,2%).

L’Asia abbraccia situazioni molto diverse. Si passa da nazioni meritevoli come l’Iraq (0,4%), il Pakistan e l’Arabia Saudita (0,5%), o come il Bangladesh (0,6%), la Siria e l’Afghanistan (0,7%), il Barhain e l’Iran (0,8%), per arrivare allo Sri Lanka (5,8%), alla Cina (6,3%) e alla Mongolia (10,5%).

Nella regione geografica dell’Oceania la percentuale di decessi legati all’alcol è di 3,4% per il Nauru e di 3,2% per l’Australia. Di poco inferiore è il tasso della Papua Nuova Guinea (3,1%), seguito da quello della Nuova Zelanda (2,8%).

Mortalità per alcol in Europa: Bielorussia in testa, Italia ultima

In Europa il Paese con il maggior tasso di mortalità direttamente attribuibile all'alcol è la Bielorussia con il 34,7%. Al secondo posto si posiziona l’Ucraina con il 34,4%. Seguono la Moldavia con il 33,1%, la Lituania con il 30,9% e la Russia con il 30,5%. Nel grafico, la fascia di mortalità alta è colorata di rosso.

Nella fascia media di mortalità (colore giallo nel grafico) per malattie attribuibili totalmente all’alcol, si trovano: Romania (8,9%), Polonia (7%), Ungheria (6,7%). Seguono Portogallo (5,8%), Francia (5,3%) e Bulgaria (5%). Nella fascia bassa (colore verde nel grafico) di decessi legati all’alcol, invece, si posizionano Danimarca e Irlanda (4,8%), Georgia (4,6%), Belgio (4,5%), Serbia (4,4%), Bosnia ed Erzegovina (4,1%), Andorra e Grecia (3,9%), Spagna (3,6%), Regno Unito (3,4%) e Svezia (3.3%). Infine, l’Olanda registra un tasso pari al 2,7%, l’Islanda al 2,1% e la Norvegia al 2%, mentre l’Italia, ultima in classifica, si ferma all’1,6%.

Italia: con l'8,66% il Trentino è la regione con il tasso di mortalità per alcol più alto

Dall'analisi della mortalità alcol attribuibile a livello regionale, però, emerge una variabilità piuttosto elevata. Secondo la relazione del Ministero della Salute in materia di alcol e problemi alcol correlati del 2016, infatti, le regioni che nel 2013 hanno fatto registrare il numero maggiore di decessi per patologie totalmente attribuibili all’alcol sono state Lombardia (197), Lazio (120) e Veneto (108). Ma, quando si rapporta il numero di decessi alla popolazione residente e alla standardizzazione, in base a diversa struttura per età nelle varie regioni, emerge che i livelli più elevati di mortalità si registrano in Trentino-Alto Adige (8,66%) Valle D’Aosta (6,15%) e Molise (4,37%). Si sono registrati valori molto elevati anche in Friuli Venezia Giulia (3,99%) e in Calabria (3,38%).

Le regioni italiane in cui si registrano i livelli più bassi sono, invece, la Toscana (1,30%), la Sicilia (1,53%), la Campania (1,83%) e l’Emilia Romagna (1,94%).

Alcolisti Anonimi è nata negli Stati Uniti nel 1935 dall'incontro di due alcolisti: un agente di borsa di Wall Street e un medico chirurgo di Akron (Ohio). 

Entrambi si resero conto che condividendo le loro dolorose esperienze 

e aiutandosi a vicenda riuscivano 

a non bere più

Alcolisti anonimi: in Veneto e Lombardia il maggior numero di centri

L'alcolismo è una malattia, una malattia da cui si può guarire. Esistono gli angeli custodi di chi cade in questo vizio e cerca aiuto: i gruppi degli Alcolisti Anonimi. Qui, in realtà, ognuno diventa angelo custode di se stesso, attraverso un percorso di autorecupero. Si parte dall’accettazione della dipendenza e si procede di 24 in 24 ore, cercando di non bere. Pilastro comune è, come dice il nome stesso, l’anonimato, una regola che gli anni non scalfiscono.

Alcolisti Anonimi è presente in oltre 160 Paesi di tutti i continenti con più di 100mila gruppi di autoaiuto e milioni di alcolisti recuperati. In Italia, il primo centro prese avvio a Roma nel 1972. Due anni dopo, nel luglio 1974, nacque il gruppo di Firenze e tra il 1975 ed il 1976 quelli di Milano e Genova.

Alcolisti Anonimi è ora diffuso in tutte le regioni con 446 gruppi e una presenza media di 10mila alcolisti. La distribuzione dei centri nelle varie regioni, però, non è omogenea. Il Veneto, che vanta una lunga tradizione - il primo gruppo è stato istituito nel 1979 - e in cui il culto del bere è fortemente radicato, guida la classifica delle regioni con maggior presenza di gruppi di alcolisti anonimi, ben 107. Segue la Lombardia, che da quarant’anni vede fiorire gruppi di alcolisti anonimi. I centri di ritrovo per chi abusa di alcol e cerca aiuto per uscirne sono oggi 93. Il Trentino Alto Adige, in cui il tasso di mortalità è il più elevato in Italia, conta 10 gruppi. Fanalini di coda Molise e Abruzzo, con rispettivamente 1 e 4 centri.

Consumo di alcol nel mondo: i Paesi dell'Est Europa dominano

Una sostanza molto tossica ma giuridicamente legale. L’alcol rappresenta un diffusissimo "strumento di coesione sociale". Si beve per passare una serata in compagnia, per festeggiare un successo lavorativo, per brindare in occasione di una speciale ricorrenza. A partire dai 18 anni, ognuno è libero di acquistare o consumare bevande alcoliche. Il massiccio consumo di alcol costituisce, dunque, un'importante spina nel fianco per la salute pubblica del mondo. Nello studio pubblicato dall’Oms (The Global status report on alcohol and health 2014), l’Europa risulta essere l'area del mondo con i più alti livelli di consumo di alcol nella fascia d’età dai 15 anni in su.

In particolare, lo scenario globale vede primeggiare i Paesi dell'Est Europa: Bielorussia (17,5%), Moldavia (16,8%), Lituania (15,4%) Russia (15,1%), Romania (14,4%) si classificano ai primi cinque posti per consumo di alcol nel mondo. Gli ultimi posti - come prevedibile - spettano ai Paesi musulmani, in quanto la religione islamica respinge tutto ciò che influenza e danneggia la ragione. Guardando in casa nostra, il dato italiano è discreto nel contesto mondiale. Il nostro Paese, con il 6,7%, si colloca all’87esimo posto.

Consumo di alcol in Europa: Italia al 38esimo posto

Soffermandosi sul vecchio continente, dal report del 2014 dell'Oms, emerge che la maggioranza dei paesi dell’Europa orientale ha un tasso elevato di consumo di alcol. Oltre alle sopracitate Bielorussia, Moldavia, Russia, Romania, spiccano anche Ucraina (13,9%), Ungheria (13,3%), Repubblica Ceca e Slovacchia (13%), Polonia (12,5%). Si rileva un notevole consumo anche in alcune zone dell’area settentrionale. Non solo la Lituania. Anche il dato di Lettonia e Finlandia (12,3%) non va trascurato. Nell’Europa occidentale, è la Francia il Paese che registra il più alto consumo (12,2%) mentre nell’area meridionale, da Ovest a Est colpiscono i dati di Andorra (13,8%), Portogallo (12,9%), Croazia (12,2%) e Serbia (12,6%). L’Italia, col 6,7%, si trova al 38esimo tra i Paesi europei.

Italia: al Nord e nel Lazio il consumo più elevato di alcol fuori pasto

"Nell'ultimo decennio, si è andato progressivamente affermando il consumo di alcol occasionale e al di fuori dei pasti, mentre risulta meno diffuso, pur persistendo nella popolazione adulta e anziana, il modello tradizionale di consumo basato sull’assunzione di vino durante i pasti". La relazione del Ministero della Salute sugli interventi realizzati nel 2016 in materia di alcol e problemi correlati parla chiaro e testimonia la crescita della tendenza a bere in orari lontani da pranzo e cena.

Analizzando nello specifico la situazione in Italia, dai dati Istat del 2017, risulta chiaro che in diverse regioni del Nord e nel Lazio sono tante le persone di 11 anni e più che hanno consumato almeno una bevanda alcolica fuori pasto nel 2015 e nel 2016. In particolare, in Lombardia sono state 2.948 nel 2015 e 3.094 nel 2016; in Veneto 1.639 nel 2015 e 1.602 nel 2016. E ancora, nel Lazio 1.153 nel 2015 e 1.391 nel 2016. Un trend che ancora si è imposto meno in Toscana (960 nel 2015 e 906 nel 2016) e in buona parte del Sud (Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna).

Dal 2004 al 2014 il consumo di alcol in Italia è sceso

La relazione al Parlamento del 2016, evidenzia come il trend del consumo di alcol (espresso in litri pro capite di alcol puro) in dieci anni sia diminuito. Dai 9 litri del 2004, infatti, si è registrato un calo costante che ha avuto il suo picco nel 2011 con 7 litri. Da lì in poi la lieve e altalenante risalita, certificata dai 7,6 litri del 2014.

Spopola il binge drinking tra giovani di 18-24 anni

Nella valutazione dei rischi per salute correlati all'alcol sono considerati sia il consumo abituale di bevande alcoliche che supera le quantità raccomandate dal Ministero della Salute (consumo abituale eccedentario), sia gli episodi occasionali di ubriacatura (binge drinking). Per i ragazzi sotto i 18 anni, ancora non in grado di assorbire l’alcol adeguatamente, qualsiasi tipo di consumo è considerato a rischio per la salute.

Dai dati Istat del 2016, affiora come, tra i bevitori di alcol, si riscontrino più frequentemente comportamenti non moderati tra gli ultrassentacinquenni (20,4%), tra gli adolescenti di 11-17 anni (20,4%) e tra i giovani di 18-24 anni (17,8%). Quest'ultima è la fascia di consumatori che più di tutti pratica il cosiddetto binge drinking (letteralmente "abbuffata alcolica"), ovvero l'assunzione di più bevande alcoliche in un intervallo di tempo più o meno breve. In particolare, questo fenomeno coinvolge il 17% della popolazione tra i 18 e i 24 anni.

Il consumo occasionale o fuori pasto è abitudine di molti tra i 18 e i 44 anni

L'Istat ha analizzato anche le abitudini nel consumo di alcol in tutte le fasce d’età. Tra gli adolescenti di 11-17 anni, il consumo giornaliero registra un dato molto basso (0,7%) mentre quello occasionale o fuori pasto spopola tra i giovani di 18-24 anni (65,3% e 48%) e tra gli adulti di 25-44 anni (56,1% e 42,2%). Per gli adulti di 45-64 anni è considerevole il dato riguardante il consumo occasionale (44,1%). Gli over 65, invece, sono più abituati a bere giornalmente (32.3%).

Più della metà dei laureati nel 2016 
ha consumato alcolici fuori pasto

La relazione del 2016 dell'Istat sul consumo di alcol in Italia ha rilevato anche che chi consuma alcolici lontano da tavola più facilmente possiede un titolo di studio elevato. In particolare, il 52,5% di coloro che hanno conseguito una laurea o un dottorato di ricerca ha consumato bevande alcoliche fuori pasto almeno una volta nel 2016. Un dato che scende progressivamente (48% per chi ha il diploma superiore e 42,5% per chi ha la licenza media) fino al titolo di studio più basso. Solo il 25,8% di chi possiede la licenza elementare, infatti, ha consumato alcol fuori pasto solo. Al contrario, il 74,2% ha bevuto mentre si trovava a tavola.

Chi fuma o ha fumato, è più propenso a bere tanto

Spesso chi eccede nel consumo di alcol associa anche altri comportamenti a rischio, come l’abitudine al fumo. Il 28,8% dei fumatori di 20 sigarette e più ha almeno un comportamento di consumo a rischio (Istat 2016). Tendenza confermata, con quote più contenute, da fumatori (24,9%) ed ex fumatori (22,2%) Di contro, solo il 10,6% dei non fumatori ha almeno un comportamento di consumo a rischio. Anche prendendo in considerazione le due componenti del rischio (consumo abituale eccedentario e binge drinking), si può osservare una maggiore propensione tra i fumatori rispetto ai non fumatori.

Italia: terzo Paese europeo per consumo di cannabis (15-64 anni), secondo nella fascia giovanile

Se in Italia negli ultimi anni il consumo di alcol è lievemente sceso, lo stesso non si può dire della cannabis. La marijuana continua a piacere molto agli italiani, tanto da essere la sostanza più diffusa, come conferma il rapporto dell'Osservatorio europeo delle droghe (Emcdda, 2017) che - tra gli adulti di età compresa tra i 15 e i 64 anni - vede l'Italia terza per consumo di cannabis, con il 31,9% (2014). Dato inferiore solo alla Francia (40,9% nel 2015) e alla Danimarca (35,6% nel 2013). Medaglia di legno, invece, per la Spagna, che tallona il nostro Paese con il 31,5% (2015). Mentre in Italia almeno il 31,9% degli adulti ha provato almeno una volta la cannabis, in Olanda - dove le droghe leggere sono legali e facilmente reperibili - il dato è più basso (25,6% nel 2015) e sotto la media europea (26,3%). Dopo l’Olanda, si classifica l’Austria, fanalino di coda con il 23,6% (2015).

In nessun Paese - come si può notare dal grafico - le donne fumano più degli uomini. In particolare, in Spagna nel 2015 il dato del consumo di cannabis relativo ai maschi (40,1%) è quasi il doppio rispetto a quello delle femmine (22,8%).

I principali consumatori di cannabis in Italia fanno, però, parte della fascia d'età tra i 15 e i 34 anni. Fascia in cui, secondo i dati relativi al 2014, il nostro Paese è secondo solo alla Francia, dove lo spinello è stato fumato almeno una volta nell’ultimo anno dal 22,1% dei giovani (in Italia dal 19%).

In 13 anni il consumo di cannabis in Italia è cresciuto di 10 punti percentuali

Analizzando poi il dato temporale dal 2000 al 2015 dei cinque Paesi europei che hanno registrato un incremento maggiore nel consumo di cannabis, notiamo la crescita progressiva e costante della Francia, che in 14 anni (dal 2000 al 2014) è aumentata di quasi il doppio (da 22,5% a 40,9%). Più altalenante la situazione in Repubblica Ceca: dopo il salto dal 20,6% del 2004 al 34,2% del 2008, nel Paese si sono registrati diversi alti e bassi fino al 2015, anno nel quale il consumo è risalito al 29,5%.

L'incremento più significativo dopo la Francia è quello dell’Irlanda, che in 15 anni ha guadagnato ben 16,6 punti percentuali (da 11,3% nel 2000 a 27,9% nel 2015). Abbastanza costante, invece, il dato della Germania, che comunque dal 2000 al 2015 è salito di quasi 8 punti (da 19,3% a 27,2%). Nel nostro Paese la crescita è stata consistente e progressiva fino al 2008 (dal 21,9% del 2001 al 32%), per poi registrare un dato significativamente più basso nel 2011 (26,8%) e un nuovo picco nel 2014 (31,9%). In 13 anni l’Italia ha, dunque, guadagnato esattamente 10 punti.

L'Italia fuma più dell’Olanda

Curiosa l’assenza dell’Olanda dalla top 5 dei Paesi che hanno registrato una crescita maggiore nel consumo di marijuana. Considerata la "patria della cannabis", l’Olanda ha, in realtà, registrato un dato inferiore all’Italia dal 2001(19,5% dei Paesi Bassi contro il 21,9% dell’Italia) fino al 2014 (24,1% contro il 31,9%). Ricordiamo che in Italia l'uso di cannabis è illegale - l’utilizzo personale è depenalizzato ma punito con sanzioni amministrative - mentre in Olanda è legale, ma il possesso e l’uso seguono comunque una normativa precisa. 

I Paesi Bassi sono un Paese pioniere nella “legalizzazione”. Si tratta, in realtà, di un complesso regime di tolleranza del possesso e della vendita delle sostanze stupefacenti, che risale all’Opium Act, approvato nel 1919 e poi modificato nel 1976: l’aspetto saliente della legge olandese è la distinzione tra droghe pesanti e leggere. A questa seconda categoria appartengono la cannabis e i suoi derivati. La distinzione ha permesso di separare i mercati e di introdurre la marijuana in un circuito di semi-legalità. Infatti, pur restando una sostanza illecita, il consumo personale e la vendita viene tollerato e raramente perseguito.

Il policonsumo di alcol e cannabis

Il policonsumo, ovvero l'assunzione di più sostanze, è in tendenziale crescita e rappresenta un fenomeno molto comune tra chi utilizza alcol e droghe perché amplifica gli effetti. Secondo il report pubblicato nel 2015 dall’Espad (The European School Survey Project on Alcohol and Other Drugs), in cui si analizza l’uso di stupefacenti e alcol tra gli studenti di 35 Paesi europei, chi ha utilizzato l’alcol, nel 19% dei casi ha fatto uso anche di cannabis. Viceversa, chi tra loro ha fatto uso di cannabis, nel 96% dei casi ha fatto uso anche di alcol. Quest’ultimo dato è particolarmente allarmante per i tanti ragazzi che usualmente consumano cannabis. Assumendo anche una sostanza come l’alcol, infatti, il rischio aumenta sensibilmente. La tendenza al policonsumo di cannabis e alcol è più diffusa tra i ragazzi rispetto alle altre fasce della popolazione. Questo perché la marijuana è particolarmente utilizzata dai giovani, che per "sballarsi" tendono a mischiare varie sostanze.

La cannabis nel mondo

Non solo Italia ed Europa. La cannabis è la droga più utilizzata in tutto il mondo. Secondo il report mondiale delle sostanze stupefacenti realizzato dall'ONU - il World Drug Report 2016nel 2014, 182,5 milioni di persone hanno fumato almeno uno spinello.

È, comunque, bene specificare che anche la cannabis può portare allo sviluppo di alcuni problemi per l'organismo: può danneggiare i polmoni, influenzare la salute mentale di chi ne fa uso e compromettere la memoria. Allo stesso tempo, la marijuana, produrrebbe effetti benefici contro il dolore cronico e in altri casi clinici, anche se ancora mancano le conferme definitive sull’effettiva utilità della sostanza. Questi i risultati del rapporto della National Academies of Sciences, Engineering and Medicine degli Stati Uniti, che ha analizzato circa 10mila analisi condotte dal 1999 a oggi. Secondo lo studio "l’uso di cannabis può potenzialmente aumentare il rischio di sviluppare schizofrenia, altre psicosi, fobie sociali e stadi inferiori della depressione".

Nonostante ciò, secondo diversi studi scientifici, la marijuana non sembra essere letale o, per lo meno, non direttamente. Inoltre, non esistono dei dati globali sui decessi attribuibili alla cannabis. Un passo in avanti è stato, però, fatto dallo studio sui rischi di mortalità pubblicato nel 2015 su Scientific Report, inserto della rivista Nature. Questo rapporto, infatti, classifica la marijuana tra le sostanze a basso rischio, mentre l’alcol tra quelle ad alto tasso di mortalità. In particolare, dalla ricerca emerge che la cannabis è 114 volte meno letale dell’alcol.