Un anno con il "lupo"

Biografia (non autorizzata) della legislatura guidata da Mario Oliverio

Il paradosso è che l'argine al renzismo dilagante, Mario Oliverio, è diventato egli stesso (inconsapevolmente?) un pezzo di quel blocco di potere che governa il Pd e gran parte del Paese. Trecentosessantacinque giorni dopo la straripante vittoria alle elezioni (la sua è stata la più ampia vittoria nella storia del regionalismo calabrese), un primo bilancio è possibile tracciarlo.

Innanzitutto la rivoluzione copernicana compiuta dal vecchio "lupu" all’interno del Pd: da anti-renziano senza se e senza ma, a bersanian-dalemiano dialogante fino ad essere catalogato alla voce dei “diversamente renziani”. E poi una “biografia” (non autorizzata) di questo primo scorcio di legislatura. Oliverio finora ha sbagliato diverse cose, e anche in modo eclatante, ma gli errori appaiono dettati più dal riflesso automatico di voler ribaltare l’approccio del suo precedessore che per convinta e motivata adesione ideologica. E forse a complicare le cose è stata proprio l’assenza di una precisa strategia, la mancanza di una vera dottrina Oliverio.

Il nemico numero uno

Mario Oliverio e Massimo Scura

LO SCONTRO (PERENNE) NELLA SANITÀ 

È il settore cardine in Calabria, quello attorno a cui si muovono grandi interessi e, soprattutto, le speranze dei malati a vedersi finalmente riconosciuto un dignitoso diritto alla salute. Oliverio su questo terreno ha ricevuto soltanto brucianti sconfitte e ingaggiato aspri duelli col governo Renzi. Sognava di diventare commissario ma ciò gli è stato impedito prima da un comma inserito nella legge di Stabilità dello scorso anno e poi dalla precisa volontà del premier di collocare in quella postazione un suo fedelissimo. Emblematico lo scontro, lo scorso 12 marzo, in Consiglio dei ministri con Oliverio sulle barricate quando Lotti e Delrio lo informano dell'investitura di Massimo Scura. Il resto è una sequela di diatribe tra il governatore e il commissario attorno a decreti e circolari contestate. Risultato: caos e nessun miglioramento nell’offerta dei servizi.

Work in progress

La Cittadella regionale a Germaneto

LA RIVOLUZIONE (A METÀ) NELLA BUROCRAZIA 

L'occasione per l’annuncio è offerta dal brindisi di fine 2014 nella sede del Pd di Lamezia Terme: «Sulle società e fondazioni in house della Regione Calabria abbiamo rilevato una situazione che fa tremare le vene dei polsi per l’illegalità diffusa che si registra in queste strutture. Questo sistema di matrioske sarà smantellato, perché bisogna riordinare in termini trasparenti, nella legalità, il sistema pubblico e la strumentazione pubblica e lo faremo con determinazione. Bisogna passare dal sistema delle clientele alla condizione dei diritti ed i cittadini devono cliccare sul portale della Regione, che sarà interamente rinnovato, e leggere in modo semplice l’utilizzo anche di un euro».

Cosa è successo undici mesi dopo? Il bubbone dei carrozzoni regionali è scoppiato. Quello di "Calabria Etica" è il caso più eclatante, ma procedure opache vengono rivelate anche in altri enti sub-regionali. Di fronte agli scandali che indignano, Oliverio risponde con una serie di commissariamenti. Ma ciò non basta per eliminare tutti i problemi. Sempre a proposito di “Calabria Etica”: la sensazione (per usare un eufemismo) è che pagare sia stato soltanto l’anello più debole della catena, cioè i giovani che in quella struttura ci lavoravano e che ora si ritrovano in grossa difficoltà per via dei progetti azzerati o annullati con un colpo di spugna.

Dicevamo dei commissariamenti. Nuovi manager sono arrivati, altri sono rimasti al loro posto, in perfetta continuità con la passata legislatura. A chi ha provato a muovere qualche rilievo la risposta di Oliverio è stata sempre la stessa: «Io scelgo in base alle competenze professionali e non sulla base della fedeltà politica».

Sulla burocrazia, però, è caduta un’altra tegola. Da quando il Consiglio di Stato ha bocciato un vecchio concorso per le progressioni verticali, la rivoluzione di Oliverio ha un nuovo ostacolo sul suo cammino. Circa 1.200 “promozioni” che arrivano dal passato sono illegittime. Intervenire non sarà facile, la strada legislativa è stretta e questa intervista al vicepresidente della giunta regionale Antonio Viscomi lo dimostra.

IL FLOP DELLA (PRIMA) GIUNTA 

L'epicentro delle tensioni di questo primo anno ha una data precisa: 26 gennaio. È il giorno del gran rifiuto a entrare in giunta di Maria Carmela Lanzetta. «Io con quell’assessore non lavoro», è l’annuncio affidato a Fabrizio Roncone del Corriere della Sera. L’assessore in questione è Nino De Gaetano, ex rifondarolo non candidato alle ultime elezioni, ma nominato assessore ai Trasporti. A giugno rimarrà coinvolto nella "Rimborsopoli" calabrese e finirà ai domiciliari (nella stessa inchiesta saranno coinvolti, con posizioni più marginali, anche gli altri due assessori della prima giunta, Carlo Guccione e Vincenzo Ciconte). Ma sul suo conto pesano pure i santini elettorali del 2010 trovati nella perquisizione alla cosca Tegano, dopo l’arresto del capobastone Giovanni.

Ma è il gran rifiuto di Lanzetta a squassare i già fragili equilibri interni del Pd calabrese. Palazzo Chigi - si mormora che dietro tutto ci sia Graziano Delrio - fa filtrare all’Ansa una nota in cui “scomunica” la mini-giunta a tre varata da Oliverio: «In una delle regioni che gestisce uno dei maggiori ammontare di fondi di coesione, il governo preferirebbe la certezza di profili senza ombre di dubbi». Tra Roma e Catanzaro è l’ora del grande gelo. Oliverio non torna sui suoi passi e va avanti, convinto com’è che dopo la modifica dello Statuto regionale potrà allargare l’esecutivo a personale non per forza politico.

Ma ancora una volta sono le inchieste giudiziarie a segnare i tempi della politica. Il 25 giugno, quando il ciclone Rimborsopoli investe 27 tra consiglieri regionali ed ex, Oliverio capisce che è arrivato il momento di resettare tutto. Arriva, non senza travagli, la giunta dei “tecnici”. È un nuovo inizio dopo cinque mesi caratterizzati in grossa misura da dubbi e incertezze. Nell’inner circle del governatore non hanno remore a parlare del «vero inizio della legislatura».

Appesi a un filo

IL (GRAN) PASTICCIO SUGLI LSU-LPU 

Non c'è solo il varo della giunta a tenere impegnato Oliverio in questa prima estate da governatore. Un cortocircuito al Senato rischia di far saltare il banco sul fronte degli oltre cinquemila lavoratori lsu-lpu calabresi. Dello stanziamento previsto per la loro contrattualizzazione non c’è traccia al Senato, nel decreto sugli enti locali. Seguono giorni di passione, con il rischio concreto che possa scoppiare una vera e propria rivolta sociale. L’incidente a Palazzo Madama dà il segno dello scollamento che esiste tra la rappresentanza parlamentare e il governo regionale. Alla fine i soldi arriveranno, ma quanta fatica. Tonino Gentile attribuisce il merito del risultato raggiunto a Marco Minniti. I più leggono in questo pubblico riconoscimento il tentativo di "depotenziare" il presidente della Regione.

CANTONE INIBISCE OLIVERIO (PER COLPA DI GIOFFRÈ) 

Alla ripresa dalla pausa estiva c'è una brutta sorpresa con cui dover fare i conti. Raffaele Cantone, magistrato anti-camorra scelto da Renzi a capo dell’Anticorruzione, sanziona la Regione Calabria per la scelta del commissario dell’Asp di Reggio Calabria (nel video la sintesi tratta dal TgR Calabria). Secondo il responsabile dell’Anac quel manager non poteva essere designato perché sprovvisto dei requisiti previsti dalla legge. Il parere inviato ai piani alti della Cittadella di Germaneto è una vera iattura: alla Regione non solo viene chiesta la rimozione del manager sanitario, ma anche l'inibizione per tre mesi di chi quella nomina l'ha voluta e votata ovvero della giunta regionale (prima versione) guidata da Mario Oliverio. La notizia destabilizza un ambiente già elettrizzato. Oliverio non ci sta, rivendica la bontà delle sue scelte e affida ai suoi legali il mandato di ricorrere contro la decisione che, seppur con qualche ritardo, gli viene notificata. Finirà con il Tar del Lazio che sospenderà la sanzione prevista per Oliverio. Al manager Santo Gioffrè, invece, andrà peggio: i giudici amministrativi non accoglieranno la richiesta di sospensiva dalla sanzione.

La speranza

(QUALCHE) SORRISO SUI FONDI UE 

Il cambio di rotta su questo versante c'è stato. Per cantare vittoria è presto ma in Calabria (purtroppo) è già una notizia l’approvazione del nuovo Por 2014-2020 da parte della Commissione europea. Da Bruxelles di recente è arrivato il via libera anche al nuovo Piano di sviluppo rurale. Non è roba di poco conto, in ogni caso. Basti pensare che i due Piani movimenteranno risorse per oltre 3,5 miliardi. Una montagna di denaro che, se utilizzata bene, potrebbe rappresentare il carburante per mettere in moto la macchina Calabria. «Si tratterà di utilizzare le risorse in modo trasparente e nel rispetto della legalità con procedure snelle e l’abbattimento di barriere burocratiche che in questi anni hanno mortificato le potenzialità della Calabria. È questa la vera sfida del futuro. Il cuore della nostra azione di governo», spiega Oliverio. Un dato lascia ben sperare: la presa di consapevolezza che questa è davvero l’ultima chiamata. Una sfida da dentro o fuori.

Con il fiato sospeso

LA (GRANDE) INCOGNITA DEL RICORSO ALLA CONSULTA 

Sulla decima legislatura, che proprio il 23 novembre spegne la prima prima candelina, pende una spada di Damocle: il ricorso di Wanda Ferro davanti alla Corte costituzionale contro la sua esclusione dal consiglio regionale. L'ex candidata del centrodestra alla presidenza della Regione reclama il seggio in virtù della norma, cancellata sul finire della scorsa legislatura, che riservava un seggio al miglior perdente fra gli aspiranti governatore. A preoccupare, tuttavia, è il ricorso della Democrazia cristiana. Gli eredi dello Scudocrociato chiedono l’annullamento della tornata elettorale considerato che il Tar Calabria, seppur in maniera implicita, ha in qualche modo ammesso che si a novembre 2014 si è votato con una legge elettorale illegittima perché modificata da un consiglio regionale che non aveva i titoli per farlo. Ecco perché gli occhi della politica calabrese, nelle prossime settimane, saranno tutti puntati su quel Palazzo che affaccia su piazza del Quirinale.

Antonio Ricchio

a.ricchio@corrierecal.it