Il videoeditoriale del direttore

«Il voto? Un brusco stop per il governo regionale»

Il giorno dopo è sempre quello dei commenti. Dell'«abbiamo vinto noi», di carri pieni di vincitori e numeri buoni per ogni interpretazione. Cerchiamo di fissare qualche punto – cinque – per capire chi esce meglio (e chi peggio) dalle amministrative.

1. Pd a basso gradimento. Al di là delle metafore ingiallite (la più gettonata è la fine della luna di miele tra Oliverio e i calabresi), il voto di ieri non premia il partito che governa la Regione. E che, solo sei mesi fa, aveva portato Mario "il lupo" alla presidenza con oltre il 60% dei voti. I dem hanno perso a Vibo e sono indietro di 13 punti a Lamezia Terme (dove, se vogliono recuperare, devono sperare nel sostegno di Pasqualino Ruberto: non proprio uno di centrosinistra) e Gioia Tauro. Perdono anche a Cetraro, che passa – con un'assonanza che è soltanto lessicale – da Aieta ad Aita. E a Castrovillari sono avanti, grazie all'ex civatiano Mimmo Lo Polito, ma dovranno sudare al secondo turno, perché lo scarto con il "civico" Santagada non è così profondo. Sconfitta? Neanche per sogno: basta consolarsi (Guglielmelli docet) con la vittoria più che bulgara di San Giovanni in Fiore, ritrovata Stalingrado con il 90 per cento ottenuto da Pino Belcastro. Magari non era un referendum su Mario Oliverio e la sua (ancora dimezzata) squadra di governo, ma non mancano segnali preoccupanti: i cittadini non hanno gradito il prodotto di questi primi sei mesi. Tant'è che, per trovare un raggio di sole, il solito Guglielmelli è "costretto" a ricordare, con una mossa che sa un po' di amarcord, proprio il boom regionale dello scorso novembre.


2. Il centrodestra "civico" vince, dove esiste.Prendi un candidato che arriva dalla società, affiancagli qualche lista civica con scarsi richiami ai partiti, miscela e otterrai una vittoria. Vale in almeno tre casi nel recente passato politico calabrese (Cosenza, Rende e Vibo Valentia). Nel quarto caso, Lamezia, la prospettiva è il ballottaggio da favorito. Se non è uno schema, manca poco. Il fatto è che altrove non solo non c'è lo schema, è sparito proprio il centrodestra. Due esempi: San Giovanni in Fiore e Castrovillari, grossi centri in cui il Pd ha avuto (quasi) campo libero. Segno che se Oliverio non ride, neppure i suoi competitor regionali possono dirsi troppo soddisfatti.


3. Cinque Stelle missing. Il Movimento 5 Stelle, si potrebbe dire al solito (almeno stando alle amministrative in Calabria), non è pervenuto. Ma qui conviene allargare un po' il campo dell'indagine e guardare fuori regione. I grillini vanno male alle comunali. Dove, si dirà, serve un forte radicamento sul territorio e il flusso delle preferenze segue logiche che non hanno molto a che fare con il voto d'opinione. Più o meno la stessa obiezione emersa nel novembre 2014, quando Cono Cantelmi raggranellò un misero 4,96%. E qui sta il tasto dolente per i grillini calabresi: gli omologhi di Cantelmi ottengono tutti risultati a doppia cifra. Qualcuno, come Alice Salvatore in Liguria, supera il 20%. E Valeria Ciarambino, in Campania, sfiora il 18. La Calabria, invece, continua a riservare molti dolori al Movimento. Che denuncia, anche da Roma, i mali della classe dirigente calabra. Ma non riesce a sfondare, mostrando una controtendenza che, a questo punto, dovrebbe preoccupare i pentastellati.


4. Fuda il rottamatore. Fosse ancora in auge la categoria della rottamazione, l'ex senatore non avrebbe trovato spazio nella tornata elettorale. E invece Pietro Fuda, 72 anni e esperienze lungo tutto l'arco costituzionale, ha rottamato tutti. Ha abbattuto la concorrenza con più dell'80% dei voti. E' come se Siderno gli avesse consegnato la fascia tricolore una volta presa la decisione di scendere in campo. Un'altra controtendenza calabrese, che fa il paio con il ritorno di Elio Costa a Vibo Valentia: gli elettori non amano rottamare, preferiscono l'usato sicuro.

5. Tutti in consiglio tranne Wanda. Altro sguardo alle sette regioni al voto. Non per discutere di Renzi e Salvini, di De Luca e del tafazzismo ligure, di un 5-2 che poteva essere 6-1. Ma per parlare, solo per un attimo, dei secondi arrivati. Alessandra Moretti, Stefano Caldoro e Raffaella Paita, tra gli altri, si accomoderanno in consiglio regionale, tra i banchi dell'opposizione. Come accade in tutte le Regioni d'Italia tranne in Calabria. Dove a Wanda Ferro questo privilegio (o diritto?) è stato negato da una legge elettorale che sarà giudicata dalla Consulta. Ci piace così tanto essere in controtendenza che rischiamo (se lo vorrà la Corte costituzionale) di dover tornare al voto.

Pablo Petrasso

Intervista (non autorizzata)
a Magorno: «Il Pd ha vinto» 

Ernesto Magorno

È stato un grande successo per il Pd, Ernesto Magorno può rientrare con fierezza a Roma e portare gli omaggi del governatore Mario Oliverio la cui cura al vertice della Regione Calabria comincia a produrre effetti. I disfattisti diranno che si è perso malamente a Vibo Valentia dove il tanto decantato candidato del Pd non andrà neanche al ballottaggio. Non è così: il Pd ha vinto anche a Vibo, Elio Costa è una persona che sta a cuore a molti supporter di Magorno e Oliverio e quindi dove sta il problema?

Allora proprio a Magorno, flessibile segretario regionale del Pd, abbiamo chiesto di farci da guida e spiegarci come sono andate le cose. Ne viene fuori una intervista assolutamente non autorizzata ma non per questo inverosimile.

Onorevole Magorno, insisteranno i disfattisti, quelli che non danno tempo al povero Mario di organizzarsi, nel dire che il Pd si avvia a straperdere anche a Lamezia Terme, dove di fatto è già crollato nella distribuzione dei seggi e se arriva al ballottaggio è solo perché il centrodestra era diviso su tre diversi fronti.

«Nulla di più falso, vedrete che adesso unendo le forze sane e facendo l'occhiolino a Ruberto, al ballottaggio ce la giochiamo alla grande. E quindi dove sta il problema».

Il problema sta nel fatto che chiedere i voti a Ruberto, quello delle assunzioni a gogò di Calabria etica...

«Ma quando mai, è tutto un equivoco, non ha visto che a momenti Ruberto prendeva più voti del Pd? E' stato un maledetto fraintendimento... ».

Ci aiuti a capire, onorevole Magorno...

«Strano che proprio lei che viene dalla giudiziaria non lo abbia capito. Nelle scorse settimane ci sono state a Lamezia due grosse operazioni della polizia che hanno ripulito ben bene la città e la gente andando a votare ha testimoniato la sua gioia per questa azione di repulisti...».

Continuo a non capire...

«Chi ha coordinato le due indagini? Il bravo capo della squadra mobile di Catanzaro? E come si chiama? Si chiama Ruperti. Tanti lametini votando hanno pensato che il candidato a sindaco era proprio il capo della squadra mobile e lo hanno votato. Ora capito l'equivoco al ballottaggio voteranno per noi. Ha capito testone...».

Mi pare una cavolata, comunque, razza dura i disfattisti, come li chiama lei, non mollano la presa: e a Cetraro? Come la mettiamo a Cetraro?, il sindaco uscente, Giuseppe Aieta, è consigliere regionale del Pd ma il Pd quelle comunali le ha perse rovinosamente. E siamo ad un tiro di schioppo da Diamante, la città culla del renzismo in salsa calabro-magorniana, insomma almeno lì vogliamo ammettere la sconfitta?

«E quando mai? Cetraro è un diversivo tattico, voti in libertà che per evitare un cattivo uso a sinistra abbiamo affidato alle cure di amici del centrodestra, li riprendiamo in qualsiasi momento. Eppoi l'amico di centrodestra che ha vinto a Cetraro e sarà il nuovo sindaco si chiama Angelo Aita, e che vogliamo fare tutto sto bordello per una vocale in meno?».

E tuttavia anche a Gioia Tauro... il Pd non ha trovato di meglio che tornare all'antico e candidare Aldo Alessio che in passato era già stato sindaco. Alessio andrà al ballottaggio ma con un ritardo rispetto a Pedà, che ha sfiorato la vittoria al primo turno, da fare paura...

Ci regala un bel sorriso Magorno. Sorridono sempre i vertici del Pd, come si fa quando si incontra dei pivellini della politica capaci di vedere solo fino alla punta del loro naso...

«Che ci interessa del comune di Gioia Tauro? Abbiamo mai detto che era la gestione del comune la cosa prioritaria per il Pd di Ernesto Magorno e per il programma di Mario Oliverio? Abbiamo parlato del porto di Gioia Tauro, giammai del comune. E il porto da previgenti l'abbiamo messo in sicurezza sganciandolo dall'asse Gioia-Lamezia e collocandolo sotto il protettorato di Messina. E così possiamo fare il gesto dell'ombrello ai nuovi sindaci Mascaro e Pedà. Questa è alta politica, non potete capirla voi altri cicisbei. Solo palati fini e firme affermatissime sanno apprezzarne la portata (e le portate...). Basta così?».

Nient'affatto, vil razza dannata, molti intellettualoidi della sinistra si spingono a chiedere conto della sonora sconfitta rimediata a Soverato. Al candidato del Pd, che ha fatto la campagna elettorale con i manifesti aventi la foto ricordo della vigorosa stretta di mano con il governatore Oliverio, l'avversario ha imposto un distacco siderale di oltre mille voti...

«Quisquilie e pinzillacchere, il dato di Soverato è ininfluente, abbiamo preferito concentrarci su altro».

Ok, abbiamo capito, facciamo prima a invertire il ragionamento e le domande. Dica direttamente lei, onorevole Magorno, i risultati di cui andar fieri come Pd calabrese...

«Non saprei proprio scegliere ma certamente non faccio torto a nessuno evidenziando il rotondo 90% di consensi presi a San Giovanni in Fiore. Obietterete che è il paese del governatore ma posso assicurare che non c'è stato alcun intervento di Mario sul quel risultato. È frutto del libero convincimento dei cittadini ai quali è stato minacciato, pardon, promesso un ritorno di Mario se le cose fossero andate male. Che notte magica quella passata a San Giovanni in Fiore, chiedetelo ai giornalisti seri. Quelli che contano c'erano tutti. Non sono andati a perdere tempo a Vibo o a Gioia Tauro, a Soverato o a Cetraro e neanche a Lamezia Terme. Figuratevi che a seguire l'esito del voto di San Giovanni in Fiore c'era anche l'inviato speciale della C...NN. Questo è il giornalismo che aiuterà la Calabria non certo il vostro, fatto di livore e di ostinato richiamo ai fatti. Quali fatti?».

San Giovanni in Fiore, bene, e poi...?

«E poi Santo Stefano d'Aspromonte, anche lì abbiamo stravinto con Malara...».

Ma come, Malara sapevamo essere amico di Scopelliti era stato imposto dal centrodestra come revisore dei conti del consiglio regionale...

«Ci siete cascati. Quello fu un tentativo del centrodestra di eliminare un pericoloso competitore. Noi, grazie all'intuizione ed alla sagacia politica di Seby Romeo, che per questo continua ad essere capogruppo alla Regione e segretario provinciale del Pd a Reggio, lo abbiamo liberato, modificando la legge che gli impediva di candidarsi. Così Franco Malara si è potuto candidare e stravincere. Non a caso la lista da lui guidata si chiama "Risorsa comune", voi invece parlate di trasversalismo...».

Quindi Santo Stefano e San Giovanni in Fiore... va bene e poi?

«E poi abbiamo stravinto a Bianco. Gli avversari del compagno Aldo Canturi sono stati sbaragliati e umiliati...».

Un momento, ma se in competizione c'era una sola lista e un solo candidato a sindaco?

«Ecco vi siete traditi. Volevate forse che ci facessimo carico noi anche dell'opposizione? Siete in malafede, siete davvero disfattisti...».

Paolo Pollichieni

direttore@corrierecal.it

«Macché vittoria, il Pd
è uscito con le ossa rotte»

Wanda Ferro

«Appartiene al mondo della politica la tragicomica consuetudine di interpretare i risultati elettorali a proprio favore, comunque sia andata, e in quest'ottica appaiono folkloristiche le dichiarazioni di qualche esponente del Pd che assegna al proprio partito «un risultato straordinario» dal voto di domenica in Calabria». Lo afferma in una nota la vice coordinatrice regionale di Forza Italia, Wanda Ferro. «A me pare decisamente – aggiunge – che il partito di Mario Oliverio e di Ernesto Magorno sia uscito con le ossa rotte, specie se confrontiamo, salvo Siderno e San Giovanni in Fiore, i dati del 31 maggio rispetto alle regionali di novembre. A Lamezia Terme, terza città della Calabria, la coalizione del governatore ha dimezzato i consensi perdendo 25 punti in percentuale, a Vibo Valentia esce sconfitta al primo turno con un calo di circa il 10%, a Castrovillari perde altri 15 punti in percentuale e a Gioia Tauro passa in sei mesi dal 55% al 24%, senza contare il risultato di Soverato, dove ha incassato una sonora bocciatura il progetto di apparato messo in campo dai fedelissimi del governatore e sul quale lo stesso Oliverio ha messo la faccia e speso il suo impegno. Non sono poi annoverabili tra i "successi" del centrosinistra i risultati di piccoli comuni in cui si confrontano liste civiche al cui interno ci sono candidati che fanno riferimento a diversi schieramenti politici. Un fatto è chiaro, l'appeal del governatore Oliverio sul popolo calabrese è ormai estinto, con un effetto così deflagrante mai registrato in passato, quando (ad esempio con Loiero e Scopelliti al comando) le prime amministrative utili avevano segnato una tenuta complessiva delle coalizioni di governo. Non è necessario rivolgersi a un analista politico per comprendere i motivi di questo crollo: siamo reduci da sei mesi senza guida regionale, non si accenna a una giunta che sia completa e fatta da gente competente, la Calabria è spezzata in due da mesi e nessuno si è fatto seriamente carico del problema».

«Arriva l'estate e il turismo – prosegue Ferro – è già al collasso, nessuna prospettiva realisticamente favorevole in agricoltura e in genere nei settori imprenditoriali. Un bilancio privo di fantasia approvato con indifferenza e senza scatti d'orgoglio, una sanità sempre considerata fabbrica di voti che serve solo a consolidare centri di potere ma che in prospettiva soffre un commissariamento ormai destinato a schiacciare operatori sanitari e malati. Le coincidenze fortuite che hanno segnato la vittoria di Oliverio sono svanite, e lo stesso presidente ha subito dimostrato di non essere un innovatore, ma un restauratore con uno scarso peso politico romano. Un incipit fallimentare con un atteggiamento da capo corrente della minoranza Pd e non da governatore. Vista da centrodestra questa tornata elettorale segna qualche elemento di soddisfazione, che sara' maggiore tra due settimane con le vittorie nei ballottaggi, ma non ci induce ad abbassare al guardia perché il cammino è ancora lungo. Il risultato del centrodestra dimostra che quando si mettono da parte personalismi, faide territoriali e rancori personali si può raggiungere l'obiettivo di creare una coalizione più ampia che ha un effetto di trascinamento sulle adesioni a un progetto e sulla partecipazione convinta degli elettori. Intanto godiamoci la vittoria di Vibo Valentia che ha segnato un impegno importante del consigliere regionale Mangialavori, un volto nuovo della politica calabrese al quale dobbiamo affiancare sempre nuove ed importanti energie per proseguire sul cammino di quella ripresa che ci appartiene».

«Tutta colpa di Censore
e Mirabello»

Pietro Giamborino

Pietro Giamborino, la battuta che circola negli ambienti dem è la seguente: "Giamborino a Vibo ha fatto come Cofferati in Liguria". Insomma si sostiene che lei abbia lavorato per far vincere il centrodestra…

«Io non sono Cofferati ma di certo la mia azione di denuncia politica ha portato alla vittoria di Costa, che vince già al primo turno per poche decine di voti».

Sta dicendo che i voti dei “suoi” candidati sono risultati decisivi…

«Direi di sì. Il Pd ha voluto scegliere la strada del non dialogo con un'area ampia che aveva partecipato alle primarie e questo è il risultato ottenuto».

Lei ha parlato di «scene da Gomorra» dopo la sconfitta alle primarie del centrosinistra contro Lo Schiavo. È pentito di aver pronunciato quella frase?

«Io ho solo indicato un contesto. Tra l’altro non sarà sfuggito che lo stessa espressione è stata usata anche da Rosi Bindi e Roberto Saviano in riferimento alla situazione del Pd. Io credo che questo partito, in Calabria ma soprattutto a Vibo Valentia, debba liberarsi dal contesto deteriorato che lo circonda».

A chi si riferisce?

«Ai dirigenti del Pd calabrese che non attraggono consensi. Ho ottenuto oltre il 40% dei consensi alle primarie e nessuno si è preoccupato di verificare quanto ho denunciato. Un grande partito non si comporta così».

La batosta è di quelle pesanti. Perdere al primo turno non rientrava nemmeno tra le previsioni più pessimistiche…

«Censore (deputato, ndr) e Mirabello (consigliere regionale e segretario provinciale del Pd, ndr) hanno lavorato con l’obiettivo di far perdere il Pd. Loro vogliono un partito chiuso».

Sostiene questo solo perché non hanno aperto nei suoi confronti…

«È un errore pensare ciò. Una domanda su tutti: perché Censore e Mirabello non hanno voluto ricucire lo strappo con il consigliere regionale Pasqua? Lui e Mirabello stanno assieme in consiglio regionale e poi competono alle comunali di Vibo (il padre di Pasqua era candidato a sindaco, ndr). È normale tutto ciò?».

Queste dichiarazioni preludono a un addio al Partito democratico?

«Io resto nel campo allargato del centrosinistra. Con tutto il rispetto, mi permetta di dire che sono tutt’altra cosa rispetto al Pd calabrese e a questi dirigenti. E lo dico con grande dolore».

Perché?

«Perché questo partito ho contribuito a fondarlo. Non dimentichi che io nel 2007 ero il capogruppo della Margherita in consiglio regionale».

Antonio Ricchio

a.ricchio@corrierecal.it